Per quanto possa sembrare frivola e vanesia l’arte del trucco ha in realtà un aspetto psicologico importante. Il nostro volto è metaforicamente parlando il nostro biglietto da visita, un po’ come la copertina di un libro. Ci rappresenta, dice qualcosa di noi. Comunica ciò che noi desideriamo comunicare.
Nel corso della storia il trucco è stato infatti usato non solo allo scopo di abbellire il viso ma anche di caratterizzarlo con segni e simboli che servivano a marcare il carattere, la personalità e la condizione sociale. Alcune modificazioni miravano proprio a trasformare radicalmente il volto, come ad esempio le parrucche e i nei finti nel settecento.
Che questa sia un’arte antica è dimostrato da alcune scoperte archeologiche che hanno portato alla luce ornamenti e reperti di riferimento cosmetico. Nei dintorni di Londra è stato trovato un vasetto contenente una crema a base di grasso animale, ossido di stagno e amido. Il reperto risale al 200 avanti Cristo.
Il trucco è quindi legato molto con l’identità piscologica della persona e alla sua intenzione di caratterizzarsi o uniformarsi agli altri. Esso può sia enfatizzare che ridurre alcune caratteristiche somatiche.
Anche se non è una regola fissa, ciò che spinge a truccarsi è spesso il desiderio di migliorarsi, enfatizzando alcuni aspetti di sé che non sono mai solo fisici, ma sono molto sentiti interiormente, nascono cioè all’ interno della propria mente, nel vissuto della propria percezione di se stessi.
È come se le donne, attraverso il trucco, volessero giocare con la propria immagine e identità, dicendo a se stesse: “vorrei sognare di essere una diva, una donna sexy, bellicosa, semplice, che si fa stimare, dolce, remissiva, alla moda…”
Ciò che rende ‘serissima’ una materia tanto ‘giocosa’ quanto il trucco è il fatto che esso tende ad enfatizzare un aspetto di se stesse che nasce dall’interno della propria psiche. Il make up non è più quindi riconducibile solo ad una maschera che ci si appoggia sul viso, ma ad aspetti ben più profondi, che fanno riferimento a come ci rappresentiamo a noi stesse e a come vorremmo che gli altri ci vedessero.
Ci sono donne che tendono a mantenersi autenticamente come sono e altre che spingono a caratterizzare la loro immagine, evidenziando questo o quell’altro aspetto, ad esempio lineamenti iper-sottolineati.
In un certo senso, si può dire che il trucco tende ad abbellire la propria immagine, puntando su caratteristiche anche psicologiche e non solo fisiche, come appunto la dolcezza, la semplicità, la sensualità, l’aggressività, la risolutezza e la determinazione.
Non a caso, ogni donna è diversa e si trucca diversamente, anche in base alla propria psicologia.
Va da sé che chi si trucca abitualmente trova impensabile uscire di casa senza un velo di trucco, anche il più naturale. Non farlo sarebbe come sentirsi spogliate e messe a nudo. Non si può sbrigativamente liquidare la questione come indice di insicurezza: tutt’altro, il motivo di tanto sentirsi bene nei propri panni (anzi pelle) si spiega con il fatto che la donna truccata tende ad enfatizzare gli aspetti di sé che suppone siano attraenti. Truccarsi è quindi già un riconoscere di essere attraente e desiderabile, o per lo meno, intuire le potenzialità del proprio viso.
Ci sono donne che si truccano in modo eccessivo al punto da apparire ridicole. Questo indica non solo insicurezza, ma anche un bisogno di negare questo aspetto di sé poco incoraggiante. Si tenta così di affermare un’eccessiva e finta sicurezza e libertà con il trucco eccessivo.
Truccarsi gli occhi
Gli occhi sono lo specchio dell’anima si dice spesso. E in effetti è proprio così, gli occhi caratterizzano l’espressività della persona e la sua personalità. Fanno parte di quella sfera della comunicazione non verbale che affascina perché implicita. In questo senso il cosmetico per antonomasia degli occhi è il mascara perché capace di valorizzare lo sguardo solo con un po’ di colore sulle ciglia. Secondo un sondaggio per la maggior parte delle donne è ritenuto elemento essenziale. Ma poi ci si può sbizzarrire dalla matita all’eyeliner fino agli ombretti allungando l’occhio, ingrandendolo ecc. Che sia fatto in modo semplice, evidente o eclatante è una di quelle zone del viso che anche le meno esperte o appassionate amano truccare.
L’accento sulla bocca
Le labbra rappresentano una delle parti più sensuali del nostro corpo, sono la fonte poi della nostra espressione verbale ecco perché per alcune donne tale sensualità va evidenziata con colori di rossetto importanti e anche modificate e ingrandite con un filo di matita denotando una certa sicurezza di sé. Altre magari per timidezza o perché non amando le proprie labbra e non volendo cambiarne la forma forzatamente preferiscono sempre optare per un “nude” così quasi da mimetizzarle.
Sopracciglia ed espressione
Nel complesso dell’espressione facciale grande importanza hanno le sopracciglia. Studiando la mimica facciale notiamo come queste si muovano di conseguenza ad un’emozione. Ecco perché nel trucco svolgono un ruolo importante. Un bel trucco con delle brutte sopracciglia o comunque con una forma sbagliata per il volto della persona non avrà mai un grande effetto. Anche per queste vale il discorso di come ci si vuole rappresentare agli altri, magari mascherando un’insicurezza di fondo con un’espressione aggressiva ( che può essere sottolineata con un punto medio molto alto), delle volte anche a discapito delle regole simmetriche.
Truccarsi per stare meglio con se stesse
Moda e trucco sono fortemente legati, non solo dal punto di vista estetico ma anche dal punto di vista sociale e psicologico. La moda influenza fortemente una caratteristica di personalità che una donna vorrebbe impersonare, appunto. Alcune osano, proprio perché ‘sono autorizzate’ dalla corrente di moda del momento.
Per la maggior parte delle donne il truccarsi è già segnale di abbellimento e di star meglio con se stesse e con la propria immagine. Se poi il trucco in un certo senso risolve le proprie insicurezze su di sé, il risultato è che la soddisfazione e il benessere psichico migliorano.
Questo non vuol dire che tutte le donne si devono truccare per sentirsi bene: il trucco non è un obbligo, anzi è creatività e libertà.
Le donne in genere si truccano per se stesse nel senso che tendono a vedersi con un’immagine di sé, che rappresenta quella che loro vogliono scegliere. In altri termini il trucco dal punto di vista psicologico è indicativo di come una donna vorrebbe ‘sentirsi’. Tuttavia, sappiamo bene che quando una persona pensa a se stessa, pensa anche a un potenziale interlocutore (e spettatore) che è collocato all’esterno della propria mente. In parole povere, una donna che si trucca lo fa anche per le persone che frequenta, che vede nella vita quotidiana, con cui ha relazione ecc.
In definitiva, ci si trucca per se stesse, ma – senza accorgersi – lo si fa tenendo presente che c’è qualcuno che ci vedrà truccate.
Non è detto però che questo spettatore sia reale ed esistente: può essere anche un potenziale uomo che potrebbe apprezzarci…
Eppure ci sono casi nei quali il trucco non giova ad una donna
Quando c’è discrepanza tra l’immagine naturale e autentica del viso femminile e il tentativo, attraverso il trucco, di modificarlo in eccesso rendendolo una maschera che copre ogni elemento spontaneo. Il trucco che distorce troppo i lineamenti del volto camuffa i tratti della personalità, producendo non solo inestetismo ma anche un’immagine falsa di sé.
Il trucco non giova inoltre quando è estremamente pesante e artificiale oppure se ne è abusato.
A ciò si lega il fatto che il trucco implica avere un progetto mentale di come ci si rappresenta a sé e agli altri.
Mettersi davanti allo specchio con gli strumenti di make up è come iniziare a dipingere una tela: il pittore ha prima un progetto in mente, e poi è tecnicamente in grado di realizzarlo con pennelli e colori.
Il ruolo dei colori
Persino i colori utilizzati nel trucco indicano aspetti psicologici di una persona oppure momenti psichici che questa sta attraversando.
Colori accesi di rossetto, smalto e ombretto manifestano vitalità e vivacità, ma a volte possono essere un tentativo di camuffare tristezza e malinconia. Paradossalmente se una donna si trucca in modo troppo sgargiante non è detto che sia felice.
Chi tende a truccarsi con colori tenui è spesso timida, e potrebbe nascondere una sottile paura di essere sotto i riflettori.
I colori sono legati alla sfera emozionale dell’uomo. Possiamo capire molto da una persona dai colori che sceglie. Ogni colore ha un significato preciso.
Blu
E’ il colore della notte, della passività, della quiete. E’ il colore della mediazione, delle sensazioni, del cielo, della trascendenza dell’eterno dell’infinito impenetrabile e misterioso.
Giallo
È il colore del giorno della luce, permette l’attività, ma non la impone. Rappresenta la spontaneità, la lucidità di coscienza, l’espansione, l’investigazione, l’ambizione, la curiosità, il nuovo, l’emozionalità legata all’effimero. Il giallo-rosso (oro) è legato alla luce solare, al benessere al grano maturo. Il giallo-verde (limone) è un colore quasi freddo dal temperamento collerico.
Verde
E’ il colore della natura, è composto dalla fusione del blu con il giallo. È il colore dell’Io, della vitalità, della speranza, della vita vegetativa, del riposo come energia frenata e incanalata, se controllata esprime la difesa, la tenacia ed evoca il bisogno di autostima e di autoaffermazione.
Rosso
È un colore stimolante. Rappresenta l’eccitazione, l’operatività, l’energia vitale, il dominio, e il desiderio. Può essere offensivo, trascinante, competitivo. Evoca il bisogno di agire. Il rosso cinabro (colore viola) è legato al fuoco; il rosso carminio (rosso sangue) è legato alla lotta; il rosso porpora alla regalità e all’autorità.
Viola
È il colore della sintesi (rosso=attivo/blu=passivo), dell’androgino. E’ il colore dell’ambivalenza del fascino, della suggestione, della simbiosi, dell’identificazione. La tonalità viola-indaco (carico di rosso) è ancora carica di bruciante energia, di un senso crepuscolare, della sofferenza. La tonalità viola-lilla (carico di chiaro) si avvia a essere il colore dell’equilibrio, dell’autorealizzazione.
Marrone
Si connette alla madre terra, la grande madre (grembo e tomba). È il colore che rappresenta la sensazione applicata ai sensi, ma indica anche le radici, il focolare, un certo tipo di sicurezza.
Grigio
È la terra di nessuno, la neutralità, il confine. È il colore del disinteresse, del rifiuto di tutto ciò che è eccitante; il colore della nebbia (l’archetipo) delle ceneri, dell’essere impersonale che in alcune persone è come una difesa, uno schermo.
Nero
E’ l’assenza della luce è il colore del caos, del primitivo della distruzione, della catastrofe. E’ il colore dell’intransigenza, dell’intolleranza, della sventura della morte (lutto/ depressione).
Bianco
La fusione di tutti i colori dello spettro, non contiene alcuna tonalità dominante di altri colori e quindi rappresenta la libertà, la perfezione, l’ascesi. È il colore della trasparenza, dell’illuminazione, della purezza, della nuova vita
Da dove nasce l’idea del “truccarsi”
In ogni epoca ed in qualsiasi parte del mondo, ogni cultura ha utilizzato degli accorgimenti per far risaltare il proprio corpo, a fini religiosi, culturali o semplicemente estetici; infatti le acconciature dei capelli, i tatuaggi sulla pelle, le orecchie forate, i gioielli e l’abbigliamento possono essere interpretati come messaggi che l’essere umano invia verso l’esterno per esprimersi.
Il trucco è sempre stato ritenuto un mezzo importante di comunicazione, nell’ antichità era usato per mettere in contatto l’essere umano con la Divinità, non a caso in quasi tutte le danze sacre i danzatori prestavano molta cura ed attenzione al trucco.
In India c’è ancora oggi l’usanza di colorare viso, mani, piedi con l’henné e di ungersi e profumarsi i capelli per assicurarsi la benevolenza degli dei; tutto questo diventa espressione d’elevazione spirituale.
In Europa attorno al Seicento, nelle varie corti era importantissima la cura del corpo ed il momento della toilette era una sorta di cerimonia. Le donne e gli uomini di alto livello sociale si facevano disegnare dei nei, ritenuti estremamente eleganti, che a seconda della loro collocazione e forma esprimevano un diverso significato. Nel periodo del Romanticismo per le donne avere una pelle diafana divenne una regola assoluta, infatti il pallore era associato alla sofferenza a dimostrazione dell’intensità dei sentimenti provati. L’illustre scrittore Baudelaire scrisse che “la donna in un certo qual modo compie una specie di dovere industriandosi di apparire magica e soprannaturale; bisogna che stupisca, che affascini; idolo, ella deve dorarsi per essere adorata”.
Nell’antico Egitto donne, uomini e bambini si truccavano gli occhi di galena nera o malachite verde e la pelle era protetta con unguenti profumati; generalmente venivano indossate tuniche bianche ed i lunghi capelli di un bellissimo nero lucente erano raccolti in piccole trecce. Tutti questi gesti quotidiani dedicati alla bellezza erano necessari anche per proteggere la pelle dal sole, dalle alte temperature diurne e dalla sabbia fine del deserto portata dal vento. Da antichi papiri è stato scoperto che la malachite e la galena venivano applicati sulle palpebre anche per curare patologie oculari. La malachite verde del Sinai fu usata fino alla metà dell’Antico Regno, in seguito fu sostituita dalla galena nera di cui esistevano miniere sulle coste del Mar Rosso; alle finissime polveri di queste sostanze venivano aggiunti grassi animali, cera d’api o resine, che rendevano il prodotto in grado di essere spalmato e ne garantivano l’attività terapeutica.
Le donne si dipingevano le unghie, le palme delle mani ed i capelli con un unguento ocra-rossiccio estratto dalla pianta di ligustro, raramente si tingevano le labbra e le guance. Si pensa che oltre ad un fatto estetico e curativo il trucco venisse usato nelle cerimonie religiose con specifiche funzioni di connessione con le divinità.
La donna greca faceva il bagno in casa, aiutata dalle sue ancelle, si profumava con profumi esotici e prestava molta cura al trucco. In età ellenistica i cosmetici trovarono largo impiego per celare il colorito pallido delle donne che svolgevano una vita sedentaria e abbastanza reclusa.
Esse ricorrevano alla “biacca” di colore bianco per coprire il volto, e al rosso del minio (ossido di piombo di colore arancione), dell’anchusa (pianta a fiori azzurro intenso) e del fuco, che applicavano sulle labbra e sulle guance con un pennello, mentre su ciglia e sopracciglia passavano un leggero strato di polvere nera di antimonio.
Le donne romane verso la fine del III sec. a.C. cominciarono a portare acconciature molto elaborate, che potevano raggiungere anche i 40-50 cm., costituiti da riccioli sovrapposti. Erano molto utilizzate le tinture, ed il colore preferito era il biondo-rosso. Le labbra venivano tinte di rosso utilizzando polvere di ocra, ed il volto e le braccia erano imbiancati con biacca oppure gesso, il contorno degli occhi veniva annerito con della fuliggine. Utilizzavano molte creme a base di miele, di cera di api, di oli ed altri unguenti, che servivano anche dopo la depilazione.
In Africa gli ornamenti “corporali” sono sempre stati un segno di distinzione, un simbolo di appartenenza ad una determinata tribù, oppure del ricoprire una particolare carica occupata nell’ambito del clan. Lo scopo principale del piercing, come dei tatuaggi, delle pitture corporali e delle decorazioni temporanee, era quello di differenziare i ruoli all’interno della tribù, regolare i rapporti tra i vari individui sia nel quotidiano sia durante le cerimonie, rendendo subito visibile le principali informazioni inerenti ciascun individuo. L’iniziazione all’età adulta era un passaggio fondamentale che accomunava tutte le società tribali e segnava il passaggio dall’infanzia legata agli istinti originari, all’età adulta in cui dovrebbe essere presente un controllo sulle emozioni.
Generalmente le pratiche corporali iniziatiche venivano portate all’estremo (limatura dei denti, infibulazione, circoncisione, tatuaggi marchiati a fuoco) per rendere l’individuo psicologicamente più forte, e per ottenere quindi riconoscimento e stima da parte di tutto il Clan, a simboleggiare la vittoria dello spirito sul dolore fisico.
Il trucco del Novecento e la sua correlazione con la storia sociale
Ai giorni nostri, partendo dai primi del novecento il trucco ha invece assunto il ruolo di rappresentante caratteristico di quasi ogni decennio fino all’esordio del ventunesimo secolo.
Anni ‘20 il trucco è malinconico proprio come il decennio che rappresenta. È anche il periodo dell’emancipazione femminile e delle “ flappers ”. La donna predilige una bellezza androgina, simbolo della sua indipendenza. Di fondamentale importanza sono le sopracciglia protagoniste di un’espressività esagerata per via della mancanza di audio nelle pellicole cinematografiche.
Anni ‘30 torna una vaga tendenza alla femminilità
Anni ‘40 sono gli anni di inizio della guerra e osservando le foto dell’epoca possiamo notare una certa austerità, non c’è spazio per occuparsi del proprio aspetto, il trucco è leggerissimo ma persistono rossetto rosso e un velo di fard rosa (ricreato dalle donne con leggeri pizzichi sulle guance).
Anni ‘50 la rinascita del make up rappresenta la fine della guerra, c’è esigenza di un ritorno alla prosperità che la donna incarna con una pelle di porcellana, gli occhi illuminati da colori chiari ma dallo sguardo languido di femme fatale.
Anni ‘60 in questo decennio inizia il periodo della vera e propria rivoluzione femminile che a differenza degli anni venti diventa concreta. Protagonisti sono gli occhi delineati da abbondante eyeliner e mascara a incorniciarli in modo da renderli più grandi a simboleggiare lo sguardo al futuro e alla consapevolezza della parità dei sessi.
Anni ‘70 imperversa lo stile hippy, i colori del periodo quindi rievocano colori californiani caldi e dorati per la carnagione effetto abbronzato ma con texture leggera che desse l’idea di un colorito sano e naturale. Vengono abbandonati eyeliner e mascara sempre in virtù di uno stile in armonia con la natura.
Anni ‘80 big, bright and bold questa la definizione di questi anni, anni durante i quali si susseguono grandi avvenimenti come la caduta del muro di Berlino e l’ attentato al Papa, di grandi eventi musicali e di rimando un trucco esagerato nei colori e nelle forme. C’è un uso dei colori come non ce ne era mai stato, toni al neon e sfumature esagerate fin sopra il sopracciglio, linee geometriche. Coloratissime anche le labbra.
Anni ‘90 sono caratterizzati dall’entrata in scena dell’era tecnologica. La fanno da padrone le case di moda e i media. Allo stesso tempo però l’immagine cambia la sua forma e prevale il culto dell’essere e dello stile personale, icone di stile sono le top model figure dalla bellezza che torna un po’ androgina e dalla figura snella ma dall’aspetto naturale. Per questo il trucco è vedo non vedo, gli occhi sono poco evidenziati, la carnagione è bronzea e le labbra colorate con colori dai toni caldi.
Anni 2000 negli ultimi dieci anni con lo svilupparsi della tecnologia imperversano i tutorial su youtube , le donne ormai sanno tutto o quasi tutto in fatto di trucco. Si perde l’idea dell’icona da seguire e da imitare. Sono gli anni delle contrapposizioni in cui c’è chi sceglie lo stile nude e chi lo stile dark grazie al ritorno in auge del vecchio smokey ripescato dagli anni 20-30. La trousse si definisce “palette” e il fard diventa “blush”. Possiamo definirli gli anni della libertà di espressione della propria personalità.
Ora il make up si sta sviluppando in questo senso, si scelgono sempre di più i colori in base alla propria carnagione e al colore dei capelli, basta coprire le imperfezioni, sopracciglia curate e mascara sulle ciglia per uscire e se si vuole esagerare si esageri pure ma sempre in linea con le regole cromatiche e somatiche.